«Lettera di un prof» vien titolata sui giornali la lettera con cui un professore di storia e filosofia dei licei annuncia ai suoi studenti che li lascia perché va in pensione. ‘Un prof’ significa ‘un vero prof’, nel senso che ogni professore dovrebbe parlare così. Il professore si chiama Pietro Carmina, e morirà poco dopo aver scritto quella lettera, nell’esplosione causata dalla fuga di gas a Ravanusa, in Sicilia. La lettera è bellissima. Per la sua bellezza il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha citata nel discorso di fine anno agli italiani.
Quel professore non era soltanto un insegnante, era anche uno scrittore, aveva appena pubblicato due libri. Era dunque uno di quegli insegnanti di scuola media superiore che hanno tre vocazioni: insegnare, studiare, scrivere, e sono la parte migliore del nostro corpo docente, perché scrivere vuol dire imparare, e se fai l’insegnante trasferisci nei tuoi insegnamenti quel che hai appena imparato. Un insegnante che scrive libri dovrebbe avere una carriera a parte, non è giusto che ottenga i cosiddetti scatti ogni tot anni, dovrebbe averli a ogni libro che pubblica. In questa lettera d’addio il professore spiega ai suoi ragazzi cosa sono loro per lui, cosa vorrebbe essere lui per loro, cosa vuol dire insegnare, cosa vuol dire stare insieme in una classe. Sta chiudendo il registro per l’ultima volta. Nel registro ci sono i nomi dei ragazzi. Quei ragazzi sono volti, e i volti sono storie. Sono «sorrisi, battute, gesti di disappunto ». Vita vissuta. Fare l’insegnante e fare lo studente vuol dire spartire la vita. Oggi la spartizione della vita prosegue dalla scuola sui social: i social, usati bene, possono essere una prosecuzione dell’insegnamento. Questo professore dice: ‘ho dato tutto, ma ho ricevuto di più’. La scuola è dunque il luogo dove si dà cultura e si riceve cultura, si dà vita e si riceve vita. Una delle principali soddisfazioni, dice il professore, è la convinzione di aver insegnato «che la vita non è un gratta e vinci: la vita si abbranca, si azzanna, si conquista». Sono le parole più citate, nei giornali, di tutta la lettera…
Per l’intero articolo: avvenire.it